Jesus Is My King, Lord And Saviour

venerdì 3 dicembre 2010

Agnese

Devo dire grazie a Brian Farey se ho deciso di pubblicare questa cosa che non so ben descrivere. La scrissi quasi un anno fa, il 13 dicembre del 2009. Ed oggi la condivido in questo mio spazio.

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Custodiscili fino al giorno in cui non sarà più necessario farlo.

Agnese era cresciuta per 23 anni con questa frase in testa. Ogni anno. Ogni mese. Ogni giorno.

Quella frase, detta da suo padre 23 anni prima, quando lei era una bimba molto intelligente di 9 anni, non riusciva a spiegarsela, Agnese.

Adesso si faceva chiamare Sofia. Il suo dio era la conoscenza. Aveva 31 anni, 2 lauree, 1 master e esperienza da vendere. Sofia scriveva. Sofia sapeva. Sofia pensava. Ma non era molto convinta che il cartesiano "Cogito ergo sum" funzionasse sempre. Sofia era invidiata da molti e desiderata da tanti altri. Ma Agnese era morta.

Uscì dall'università dove insegnava Estetica e si fermò al distributore automatico per un caffè. Lo bevve senza degnare di uno sguardo nessuna delle decine di persone che aveva incontrato lungo il corridoio e alla macchinetta. Si avviò verso la macchina, una Mercedes Classe B nuova ma con un'ammaccatura sul portellone posteriore. Durante il tragitto che la conduceva al parcheggio, Sofia accese il telefono. Nemmeno il tempo di rimetterlo in tasca e lo sentì squillare. Un messaggio. Sempre lui. Roberto. Roberto che la amava alla follia, avrebbe fatto tutto per lei. La aspettava da 4 anni senza pensare ad altre donne. Come diceva Lewis “to love is to be vulnerable”. E Roberto era così vulnerabile nel suo amore che lei lo detestava. Ma non aveva il coraggio di dirglielo una volta per tutte. Sofia usava il corpo di Roberto, quando e se ne aveva voglia. Poi spariva per settimane e lasciava lui a morire.

Ma Sofia non aveva un cuore, solo un cervello. Il cuore era morto insieme ad Agnese.

Mise la classe B in moto e riflettè sul messaggio. “Fra mezz'ora, lì dove tutto ebbe inizio”.
Decise che non era sbagliato andare, girò la macchina e partì in direzione periferia.

Custodiscili fino al giorno in cui non sarà più necessario farlo.

Quella frase la straziava. Cosa voleva dire suo padre? Avrebbe avuto un senso se prima di morire le avesse affidato dei fratelli minori, o dei cuccioli di animali domestici. Ma non riusciva a capire il senso di quella frase relativa a 2 stupidi orologi.
Fece una deviazione. Passò da casa, salì gli scalini a due a due, entrò in casa. In camera da letto prese una scatola da scarpe posta sullo scaffale più alto dell'armadio. Ne estrasse un involto di velluto rosso con una clip di chiusura dorata e lo mise nella tasca destra della giacca.

Arrivata a destinazione, parcheggiò su delle foglie secche.
Fu colta da una sensazione che non aveva mai provato. Si era diretta li dove il padre, 23 anni prima le aveva affidato gli orologi. Invece Roberto intendeva un altro posto dove era cominciato tutto. Roberto non poteva sapere. Non sapeva nulla degli orologi, del padre, del laghetto, del suo vero nome. Si diede della stupida, pianse e si girò per tornare verso la macchina. Vide tra gli alberi l'auto di Roberto. Si avvicinò ad essa ma lui non c'era. Non lo chiamò però ad alta voce ma si diresse tra gli alberi verso il laghetto.

Prese l'involto rosso, aprì la clip dorata ed estrasse i due orologi. Come 23 anni prima, uno ticchettava non fermandosi mai. Sofia fu sorpresa di vedere l'altro iniziare a muoversi lentamente, poi via via più veloce fino a prendere il ritmo di 60 movimenti al minuto. La cosa la turbò, migliaia di volte aveva preso quegli orologi in mano e il secondo non aveva mai funzionato.
Sofia iniziò a piangere come non aveva mai fatto. Si inginocchiò vicino al laghetto. Lì il padre la portava sempre prima di morire, e la portò anche la volta in cui gli affidò gli orologi.

Ora era tutto chiaro. Sofia prese gli orologi, li ripose nell'involto di velluto rosso con la clip dorata. Gettò l'involto nel laghetto. Quando le acque dello stesso tornarono immobili lei si sporse per guardare e vide qualcosa che la gettò nel panico. Il suo corpo steso a terra e una bambina che la guardava incuriosita.

Ad un tratto, sconvolta come non mai, distolse lo sguardo dal laghetto e guardò alla sua destra. Era Roberto che le correva a perdifiato incontro gridando “Agnese, Agnese, finalmente... non puoi sapere da quanto tempo ti sto cercando”.

8 commenti:

FABLOGGERR ha detto...

credo di averla gia letta, comunque bella ....

Jim Klas ha detto...

Ebonivory, sei sempre così eloquente?? :-)

Fabloggerr, sarai stato una delle 2 persone che la conosceva prima di questa pubblicazione.

Brian Farey ha detto...

Letto ormai un anno fa, quando abbiamo parlato dei nostri rispettivi racconti. Come dissi all'epoca, io punto più all'azione, tu sei molto più descrittivo. E questo renderebbe un romanzo a quattro mani un prodotto realmente completo. Comunque, parlando del romanzo, oltre la descrizione ampiamente descrittiva, si parla di un'introspezione, di una risurrezione di Agnese, di un viaggio che fa tornare vivo un morto. Veramente toccante, si attende il seguito ed, in futuro, un crossover.

red_fox ha detto...

Bello.
Mi pare, leggendolo, di ritrovare il vecchio van.
Mi ha fatto piacere.

Jim Klas ha detto...

In realtà fu scritto proprio dal vecchio Van :-)

Il Viaggio ha detto...

Letta. Una novella direi. La prima parte (fino a...e partí in zona periferia) è un pó troppo descrittiva di Sofia. Sono d'accordo con Brian Farey. La seconda parte diventa surreale e solletica i sentimenti. E´scritta proprio bene. Dagli una ripulita e spediscila a qualche rivista, chi sa mai? Da parte mia aspetto con anticipazione di leggere cosa accade a Kerwi e Vikanje ad Ashreqim ;)

Il Viaggio ha detto...

con anticipazione???? hehe sono stanca :))

Jim Klas ha detto...

Beh sai R. in realtà non so cosa voglio farne di questo racconto breve. Potrebbe essere il punto di partenza per qualcosa di più ampio... non saprei.

I nostri amici invece dovranno aspettare... il fantasy è molto molto complicato