Jesus Is My King, Lord And Saviour

venerdì 17 dicembre 2010

The WIP Novel. Part 4

Si svegliò fra le lenzuola soffici del suo letto a due piazze. Ci mise un po' di tempo per riconoscere McKenzie, lo speaker radiofonico di Boston's Classic Rock che ogni mattina lo svegliava insieme al collega Karlson. Ascoltava quei due ogni mattina ma solo per poco, il tempo di alzarsi dal letto, raggiungere il mobile in rovere sbiancato e disattivare la radiosveglia. Poi, tutte le mattine, attivava la filodiffusione. In genere subito dopo il risveglio e poi mentre faceva colazione, si radeva, si lavava e vestiva gradiva la musica energica. Che fosse Die Walküre di Wagner o Back in Black degli AC/DC non cambiava molto.

Quella mattina fu diverso però. Fermò le chiacchiere inutili di Karlson e McKenzie e si diresse in bagno. Fece la doccia, si vestì e dopo aver preso un lungo caffè nero e aver lavato i denti uscì. Chiunque dei suoi amici l'avesse visto in quel momento si sarebbe un po' stranito. Non lo si vedeva in giro con la barba di due giorni dai tempi del liceo.

Mentre l’ascensore lo portava giù al piano terra, James W. Scott Young era immerso nei pensieri. Un forte senso di colpa lo appesantiva e gli procurava un fastidio fisico all’alto addome. Era sempre stato così, fin da quando era piccolo, qualunque sensazione negativa la somatizzava con quel fastidio. Adesso aveva bisogno di scaricare in qualche modo quella tensione. La sera prima, tornando a casa in taxi, aveva visto un luogo dove voleva andare. E decise di farlo quella mattina.

Arrivò al piano zero e percorse l’elegante atrio fino alla grande porta circolare. Una volta fuori, si rivolse all’uomo alto alla sua destra che vestiva con una divisa che tradiva la sua professione. Era il portiere dello Scott Young & McDonnelly Building.
“Buongiorno Mr. Scott”.
“Buongiorno Matt. Esco in taxi. Dovrebbe arrivare un pacco da NewYork prima di pranzo. Lo prendo quando torno, stasera oppure domani. Buona giornata.”
“Buona giornata signore”.

Scese i gradini del lussuoso palazzo a Downtown, e chiamò un taxi.
“600, Columbus Avenue”.
Il tassista rispose con un cenno della testa mentre bofonchiava qualcosa di incomprensibile. Il taxi si incanalò in mezzo al traffico. Il breve viaggio durò circa il doppio della sera prima. Giunto a destinazione, indugiò sul marciapiede di fronte alla costruzione in mattoni rossi. La osservò nella sua totalità, con il timpano centrale sovrastato dalle due guglie ai lati. Pensò che doveva avere parecchi anni. Si decise ad attraversare e giunto davanti all’ingresso quell’impressione fu confermata da una targhetta: “Founded 1796”. Un’altra targa più grande identificava quell’edificio come “A.M.E. Zion Church”.

All’interno era come se l’era aspettato. Tre file di panche di legno scuro non miglioravano la scarsa luminosità degli interni. In fondo c’era un pulpito fatto con lo stesso legno, su un piano sopraelevato al quale si accedeva da 5 gradoni sia a sinistra che a destra. Sullo stesso piano del pulpito, più indietro, si trovava una tribuna di legno la cui struttura lasciava intuire la sua funzione: accogliere il numeroso coro gospel. Sulla sinistra si vedevano gli strumenti musicali.

Entrò con timidi passi e si accorse che non c’era nessuno se non 2 donne intente a spazzare il pavimento. Chiese loro dove fosse il confessionale ma gli spiegarono che lì non c’era nessun confessionale ma che se aveva bisogno di sfogarsi poteva parlare con il Reverendo Gordon. In un primo momento rifiutò e, ringraziando, si diresse verso l’uscita. Poi tornò indietro e chiese alle donne di accompagnarlo all’ufficio del Reverendo. La più anziana delle due lo condusse lungo un corridoio luminoso, con una moquette chiara ma pulita, al quale si accedeva da una porta lungo la parete destra della chiesa.

La donna si fermò e gli indicò l’ultima porta a sinistra. Si trovò davanti ad una porta in legno robusta ma semplice. Una targhetta dorata diceva Rev. L. Gordon. Bussò e una voce femminile lo invitò ad entrare. Si trovò davanti una grossa scrivania in legno chiaro dietro la quale stava una donna sulla quarantina, dal volto paffuto e sereno. Corti capelli macchiati d’argento le conferivano un aspetto vissuto. Doveva di certo essere un punto di riferimento per i membri della comunità nera di Boston.

Il Reverendo alzò gli occhi dal suo portatile e con un sorriso cordiale lo invitò ad accomodarsi. “Salve Reverendo Gordon, mi chiamo James”.
“Buongiorno James, puoi chiamarmi Lisa”.
Iniziarono a parlare e lui iniziò a raccontarle parecchie cose di sè. Più di quanto avesse previsto, tanto da dargli l’impressione di trovarsi nel bel mezzo di una seduta dallo strizzacervelli. Rifiutò poi questo pensiero perché si rese conto che stava bene mentre parlava con quella donna e non provava quel senso di inquietudine che aveva avuto le due volte in cui aveva tentato la via dell'analisi. Lisa sapeva bene ascoltare ma sapeva anche parlare, fare sentire a proprio agio. Non dava l’impressione dell’accusatrice, ma si porgeva con piglio materno.

Dopo poco meno di un’ora Lisa si scusò ma disse di avere un appuntamento.
“James, mi spiace tanto ma devo andare. Se ti va possiamo vederci stasera. Alle 21 abbiamo un servizio, ci sarà della musica. Potresti venire alle 20, così potremmo fare quattro chiacchiere”.
“D’accordo Lisa. Grazie tante. A stasera”.

Un James un po’ rinfrancato uscì dalla chiesa, contento di esserci andato. Prese il telefono, chiamò Patricia e poi andò al Boston Medical Center a trovare un amico a cui dovevano applicare una piastra in carbonio al perone. Mangiò un boccone al Burger King di Harrison Avenue, acquistò presso una libreria lì vicino l’ultimo libro di Dan Brown e si diresse verso il Madison Park. Passo lì tutto il pomeriggio di quella bella giornata primaverile. Lesse una buona parte del libro e si mise un po’ a girare per il parco. Gli parve di vedere Kathleen, ma si disse che non poteva essere lei. Si ricordò che più volte durante il giorno aveva visto un uomo strano. L’aveva visto tutte le volte di spalle e la cosa strana era il lungo giubbotto scuro, fuori luogo vista la stagione. Non era normale, ma del resto la normalità è sopravvalutata.

Prese un bus ed arrivò fino alla fermata tra Tremont Street e Hammond Street. Proseguì a piedi su Tremont e voltò a sinistra su Daveport Street. Doveva percorrere solo quella piccola strada e si sarebbe trovato nuovamente su Columbus Avenue. Guardò il suo Longines che segnava le 19.38. In pochi minuti sarebbe stato di nuovo presso l’ufficio di Lisa.

Ma non sapeva che non avrebbe mai più visto quel posto. A metà di Daveport Street, sulla destra, si trovava un parcheggio alberato. L’aveva appena superato quando sentì provenire da Colombus Avenue il suono di un mezzo dei vigili del fuoco. Poco dopo sentì dei passi alle sue spalle. Furono l’ultima cosa che sentì. Un violento colpo alla testa lo stese e cadde a terra. Un uomo con un lungo cappotto nero lo trascinò dietro un grosso albero e a fatica caricò il corpo inerme di James dentro il bagagliaio di una vecchia Cadillac.

Il Reverendo Lisa Gordon attese invano quell’uomo così forte e così fragile. Non sapeva che l’incontro di quella mattina l’avrebbe segnata per sempre.

5 commenti:

Brian Farey ha detto...

In poche parole, stai creando tante mini storie in attesa dell'unione finale. Stai cominciando a concentrarti su Scott, adesso. Ovviamente, narrativamente è impeccabile, eccetto per:
"Alle 21 abbiamo un servizio, ci sarà della musica. Puoi venire alle 21”." Non c'era bisogno di dire due volte "21"
Alla fine hai scritto Lina, suppongo errore di battitura (anche se la N distanzia parecchio dalla S)
Per il resto, adesso sta cominciando ad entrare nel vivo, nonostante io sia sempre contro le Love story (anche se questo capitolo non parla affatto di questo). Mi raccomando, Yamauchi!

Jim Klas ha detto...

Beh grazie per la segnalazione dei 2 errori. Li ho corretti: 20 e Lisa.

E poi, chi l'ha detto che sono storie diverse? Comunque sia questa WIP novel credo che vedrà dei capitoli che apparentemente all'inizio sono slegati. Ma tutto confluirànel flusso narrativo, com'è giusto che sia.

FABLOGGERR ha detto...

finalmente un pò di violenza e suspence, bello l'effetto sorpresa quando si scopre che il Reverendo è una donna.
Poi la citazione di Brian Farey è la ciliegina sulla torta.....

Jim Klas ha detto...

Sapevo che avresti apprezzato l'accenno all'azione.

Il Viaggio ha detto...

BRAVO JK va avanti.