Jesus Is My King, Lord And Saviour

lunedì 13 dicembre 2010

The WIP Novel. Part 3

Schiacciò il pulsante di prenotazione dell’ascensore. Il display indicava che sarebbe partito dal sesto piano per scendere al secondo. Allora lui valutò che era il caso di fare le scale a piedi. Le scese con calma, una calma innaturale visto il momento. Si disse che quella doveva essere la quiete dopo la tempesta. Ma ignorava che la vera tempesta doveva ancora arrivare. Fece un cenno con la mano a Jeremy, il cordiale portiere del palazzone al 650 di Columbus Avenue, South End.

Uscito dal palazzo, voltò a destra, in direzione nord, verso Downtown. Si fermò qualche civico più avanti ed entrò dentro un Take Away gestito da cingalesi dove un profumo molto intenso prometteva un ottimo Falafel. Prese l’involto dalle mani di un ragazzo che ad occhio e croce non aveva ancora 20 anni e alla cassa ricevette poco meno di 2 dollari di resto. Trangugiò il suo Falafel poggiato su una mensola a muro di quel piccolo locale. La Coca Cola fredda lo aiutò a mandare tutto giù in fretta. Alla sua sinistra era seduta su un alto sgabello una ispanica sulla trentina, molto bella ma per niente curata. I suoi capelli erano unti e i suoi vestiti non emettevano un buon profumo. Pensò che probabilmente anche se la ragazza si fosse fatta il bagno dentro l’ultimo di Dior non l’avrebbe sentito. In quel posto qualsiasi odore che non provenisse dalla cucina, veniva miseramente annichilito.

Gettò l’immondizia dentro una piccola pattumiera accanto all’uscita e lasciò il Take Away. La ragazza ispanica gli ricordò che aveva una chiamata da fare. Prese il Blackberry e, premendo due volte la cornetta verde, mise in selezione l’ultimo numero chiamato. “Pronto ciao, sono io. Tutto fatto ma stasera voglio stare un po’ da solo”. Dall’altra parte della cornetta Patricia non parve né sorpresa né infastidita. “OK, ci sentiamo. Dovresti trovare una mia e-mail. Bacio”. “Bacio” e riattaccò.

Con Patricia si erano conosciuti ad una giornata di beneficenza al parco. Kathleen era lì con alcuni amici per vendere all’asta alcuni oggetti realizzati a mano. Lui era andato a fare un giro e ad un certo punto, a pochi metri da un gruppo di giovani che ballavano la capoeira al ritmo di allegre percussioni e di uno strano strumento fatto con una zucca, una canna e un filo, vide di spalle una donna con in braccio un bimbo. Quella donna guardava impotente il passeggino che ruzzolava giù lungo una collinetta che portava ad un laghetto con i cigni. La donna però non sembrava molto preoccupata. Lui comunque non ci pensò due volte: corse verso il passeggino e lo fermo prima che andasse a sbattere contro un albero. Lo portò alla donna. Sembrava portoricana o cubana e aveva in braccio una bellissima bimba di pochi mesi. Anche la donna era molto bella, seppure piuttosto bassina. Si presentarono, lei lo ringraziò e gli offrì un chewing gum. Lui lo accettò, la ringraziò e tornò dalla sua Kathleen.

Si rividero poco meno di un mese dopo in un minimarket di Telegraph Hill. Lui era andato lì per risolvere una faccenda ed era entrato per acquistare una confezione di cerotti. Lei era lì con la bimba sempre in braccio ed un sacchetto abbastanza pesante, aveva appena pagato dei pannolini, degli omogeneizzati, e qualcosa per il pranzo. Patricia lo aspettò e lui, per ricambiare la cortesia si offrì di accompagnarla e portare il suo sacchetto. Lei viveva in una casa indipendente non molto grande ma ben curata a due isolati dal mini market. Ci viveva insieme alla piccola Lily e a Bud, un batuffolino di pelo chiaro, un cucciolo di golden retriever che al parco non aveva visto. Era uscito dopo pochi minuti, non prima di aver preso un caffè e aver scritto il suo nome e il suo numero sul blocchetto attaccato ad un grande frigorifero.

Lei lo aveva chiamato tre mesi dopo, quando lui quasi nemmeno si ricordava più. Iniziarono a sentirsi e vedersi spesso. Patricia gli piaceva molto e con Kathleen le cose non andavano benissimo. Parecchi mesi di convivenza ormai gravavano sulla sua vita, si chiedeva spesso perché avesse accettato di andare a convivere e ogni volta si rispondeva facendo spallucce. Si diceva che Patricia era arrivata al momento giusto.

Si riprese dai suoi pensieri quando notò una colonna di fumo che saliva in cielo da dietro delle case dall’altra parte della strada. Attraversò la strada e voltando a sinistra e poi di nuovo a sinistra trovò l’origine di quel fumo. Un cassonetto dell’immondizia stava bruciando. Ne approfittò per buttarci dentro un paio di guanti in lattice avvolti attorno ad una boccetta di vetro trasparente che aveva nella tasca interna della giacca.

Tornò a passo normale sulla strada principale. La attraversò nuovamente e si mise fermo sul marciapiede in attesa di un taxi. Ne passò uno poco dopo, lo fece fermare con un gesto e gli disse la destinazione. Il taxi partì in direzione Downtown. Dopo pochi istanti notò sulla destra una costruzione con i mattoni rossi. Una croce svettava su tutto e una stella di Davide era disegnata su un rosone in alto.

Pochi minuti dopo scese dal taxi ed entrò in un alto palazzo, prese l’ascensore ed arrivò alla sua dimora: un grandissimo appartamento lussuosamente arredato con una vista panoramica mozzafiato. Entrò in bagno, aprì il miscelatore dell’acqua della Jacuzzi e subito dopo entro nella doccia. Era una sua fissazione, non riusciva a fare un bagno senza aver fatto la doccia prima. Rimase più a lungo del normale sotto la doccia, ma il senso di colpa non lo lasciava. Così uscì dalla porta in vetro semi opaco del box doccia ed entrò nella Jacuzzi.

Si sdraiò e con il braccio sinistro prese da uno sgabello il telecomando della filo diffusione. Selezionò il CD 8 dal caricatore e si godette l’idromassaggio cullato dalle note di Miles Davis. Ripensò a Katy. Prese il cellulare e compose il numero di lei. Un messaggio preregistrato della AT&T gli comunicò che il cellulare di Kathleen era spento. Pianse a lungo in preda al senso di colpa.

Nel frattempo nell’appartamento 23 al secondo piano del palazzone al 650 di Columbus Avenue, tutto taceva. Solo la TV, ancora sintonizzata sulla CNN, emetteva il suo lieve ronzio.

Fine terza parte

5 commenti:

Brian Farey ha detto...

La ricerca minuziosa dei dettagli è uno dei tuoi punti forti, questo senza ombra di dubbio. Il flashback inizia al momento giusto, ma forse sarebbe stato meglio introdurlo,o qualcosa del genere, giusto per sentenziare i periodi. Anche se non sono molto esperto con la terza
persona, riesci a far dialogare le persone in maniera naturale. Forse sono più portato per i dialoghi riflessivi. Dovresti descrivere maggiormente i personaggi. Ma in fondo, come si dice, chi va piano va sano e va lontano. Non lascio commenti lunghi perché la stanchezza mi pervade.

Jim Klas ha detto...

Beh diciamo che i dettagli mi piacciono perchè danno una mano al lettore nel costruire nella propria mente il mondo nel quale i fatti si svolgono.

Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, considera e non dimenticare che questo è un romanzo WIP quindi inevitabilmente il carattere dei personaggi esce fuori piano piano, lunga il racconto.

FABLOGGERR ha detto...

mi sono un po pero questo è un flashback o il continuo??? sono stato forse poco attento

Jim Klas ha detto...

E' il continuo con flashback su quando ha conosciuto patricia...

FABLOGGERR ha detto...

capito.....